12 Giugno 1940
Muore Antonio Fontan dei Paolini, detto Zoldo, nato a Siror nel 1856. Fu un tipico esempio di emigrante delle nostre valli, dotato di ingegno, intraprendenza e tenacia, che lo condussero a superare avventure e disavventure, con coraggio, equilibrio ed onestà. Rimasto presto orfano di padre, prima di decidersi a partire con gli amici paesani, appena finita la scuola elementare, chiese un prestito al comune di Siror di 12 fiorini, affinché la numerosa famiglia potesse avere l'indispensabile almeno nel primo periodo della sua assenza.
Lasciato il lavoro dell'Arlberg ancora prima del termine del traforo, nel 1880 si trasferì in Boemia dove si qualificò nella costruzione dei ponti ferroviari.
Quindi si trasferì in Russia, dove dapprima ottenne lavori a cottimo, che eseguì anche con soci con valligiani e trovò così con facilità, la via aperta alla formazione di un'impresa sua.
Ebbe l'incarico di costruire tronchi della ferrovia transiberiana; quindi, trasferitosi a Tiflis nella Caucasia costruì la fortezza militare di Cars ed ottenne, alla fine di questo lavoro un riconoscimento onorifico da parte dello stesso zar.
L'impresa Fontan arrivò a contare 3.000 operai e tutti stimavano il proprietario e lo amavano.
Questo fu indubbiamente il colmo della potenza economica e della fortuna raggiunte da un emigrante Primierotto.
Antonio Fontan godeva di larga notorietà e fino allo scoppio della rivoluzione bolscevica nel 1917 poté contare sull'amicizia di persone influenti.
Dopodiché ritirò per tempo dalle banche, tutti i suoi depositi disponibili, per liquidare i suoi operai che stavano costruendo, unitamente ad altre imprese, il tronco di ferrovia che da Diulfa, al confine della Caucasia, arriva a Tabriz, attualmente città della Persia, lungo circa 300 km; quindi dovette sospendere il lavoro.
Siccome questo territorio col conseguente trattato di pace, passò alla Persia, questa logicamente non riconobbe il lavoro eseguito; la nuova Repubblica Russa, perdendo i territori, non volle liquidare gli impegni assunti dallo Zar, cosicché il Fontan non riuscì ad incassare quanto gli spettava e, perdendo un enorme capitale, l'impresa si sfasciò. Inoltre, i rivoluzionari, alla ricerca affannosa di capri espiatori, lo qualificarono un capitalista sfruttatore e volevano sottoporlo a processo.
Per sua fortuna gli stessi operai ed i numerosi amici lo difesero con energia, proclamando non solo la sua onestà, ma lo aiutarono e mantennero per tutti quegli anni in cui cercò inutilmente di incassare i suoi crediti dallo stato, con la speranza di poter riprendere la sua attività. Durante il periodo della guerra la famiglia continuò a risiedere ad Innsbruck, poi nel 1919 tutti, meno Antonio ed il genero Giorgio, rientrarono a Siror.
Qualche anno prima della grande guerra aveva comperato all'asta, in seguito ad un fallimento, un grande albergo a Schonberg, a 14 km circa da Innsbruck, sulla linea ferroviaria che porta al Brennero.
Nel 1915, all'entrata in guerra in Italia, venne riempito di profughi di Folgaria, in attesa di essere inoltrati verso una definitiva sistemazione.
In realtà questo albergo fu l'unica risorsa dopo il rientro della famiglia a Siror.
L'impresario nel frattempo era in Russia per disimpegnare i suoi vecchi affari.
Nel 1934 venne calcolato indesiderato e consigliato ad abbandonare lo stato sovietico.
Solo allora raggiunse la sua famiglia a Siror.
Aveva ormai 78 anni, e da allora visse povero ma sempre decorosamente.
Del suo patrimonio non rimase più nulla: erano ormai lontani i tempi in cui la sua impresa era talmente fiorente da essere qualificata economicamente potente quanto il governo.
Morì nel 1940, e molti Primierotti non conobbero mai la sua avventura di emigrante impresario.