27 Maggio 1852
Nel 1852 scrive Agostino Perini, segretario della società agraria e insegnante alle reali di Trento, che "in Canal San Bovo vegeta spontanea da 60 anni sotto un covolo del Monte Tatoga comunemente chiamato Totoga, la patata.
Ciò significa che già nel 700 qualcuno aveva seminato e poi forse riposto al fresco in un covolo della Totoga le patate raccolte che, in seguito, avevano continuato a riprodursi spontaneamente.
L'annotazione è interessante perché la patata, introdotta dal Perù in Europa nel 1565, si diffuse in Trentino molto tardi, solo nella seconda metà del secolo XVIII.
La zona della Totoga deve essere stata quindi una delle prime località del Trentino dove non solo si praticava la coltura della patata, ma si provvedeva anche alla sua conservazione in ambiente fresco e poco illuminato.
Anche da altri documenti, si capisce che la zona si può localizzare intorno a Passo Gobbera.
Ad es. circa 40 anni dopo, nel 1891, Giulio Paoletti, professore di botanica all'università di Padova, segnala anche che la vite vicino a Gobbera era coltivata fino a quota 990. Da "Voci di Primiero".
27 Maggio 1916
Dopo l'evacuazione di Caoria, un anno prima, nel maggio del 1916 giunse improvviso l'ordine di evacuare gli altri paesi della Valle.
Tutti si diedero da fare a nascondere, nei posti e ripostigli più impensati, quelle cose utili e care che non potevano portare con sé. Il 27 e 28 maggio, una o due persone per famiglia, si recarono ad Imer a consegnare il bestiame all'amministrazione militare.
La popolazione della vallata si concentrò a Canale o partì direttamente per Imer e Feltre, come fecero molte famiglie di Prade, Zortea e Gobbera.
Il concentramento a Canale avvenne su carri ed automezzi per gli ammalati, i vecchi le donne con i bambini, a piedi per gli altri.
Successivamente, su carette ed autocarri, i profughi furono trasportati a Feltre e sistemati alla meglio nelle chiese degli Angeli e di S. Rocco.
Da qui in treno, in parte dopo alcune ore e gli altri dopo qualche giorno, in Italia Meridionale.
Durante il viaggio l'assistenza militare e le dame della croce rossa rifornirono i profughi di pagnotte, scatolette di carne e latte per i bambini.
La separazione dei profughi in gruppi avveniva a Firenze, dove le singole carrozze, sganciate dai convogli, venivano poi fatte proseguire verso le varie destinazioni.
Queste separazioni, spicciative e meccaniche, portavano spesso, se eseguite di notte, alla separazione dei membri di una medesima famiglia.
Così i profughi della Valle furono sparpagliati un po' ovunque: Napoli, Avellino, Calitri, S. Agata dei Goti, Leonforte, Regalbuto, Bosco tre Case, Isernia, Manduria, Gioia del Colle, Altamura, etc.
La permanenza nelle varie sedi fu abbastanza buona.
In generale, le autorità si prodigarono per sistemare i profughi nel modo migliore; anche la gente del posto si dimostrò cordiale, aiutandoli spesso nei loro bisogni.
Per il mantenimento veniva loro corrisposto un sussidio di 1,25 lire a testa per le famiglie di una o due persone, di 1 lira per quelle più numerose.
In qualche località fece ottima impressione il fatto che erano persone di poche parole e con tanta voglia di lavorare; suscitò pure meraviglia il fatto che tutti sapevano leggere e scrivere.