18 Aprile
In varie occasioni, nell'ambito dell'almanacco, abbiamo parlato dei lavori che in passato erano molto diffusi nelle nostre zone.
Un'altra occupazione che non dobbiamo dimenticare fu quella della lavorazione della pietra, materia prima fornita in ampia scelta dai nostri monti.
Col lavoro dello scalpellino si crede esista antica dimestichezza se osserviamo in quanti fabbricati abbastanza antichi appaiono stipiti di finestre e di porte, gradini, acquai ed in qualcuno perfino caminetti lavorati con perizia.
Le lastre che venivano usate per lastricare i pavimenti delle cucine delle case signorili, delle canoniche, degli edifici pubblici e delle chiese provenivano da cave locali.
Si trattava di calcare chiaro rosato, tenero e quindi di facile lavorazione; quello biancastro o grigio si usò anche per le colonne delle chiese.
Questa pietra calcarea, specie quelle rosa, proveniva da molte località tra cui: Colmares di Imer a 1500 m.; Lasta e Val Fondada di Mezzano; Passo Broccone a 1600 m. per Canal San Bovo.
In val Cismon, a monte di Siror, esisteva una cava di tufo calcareo pastoso che servì per modellare le nervature del soffitto della parrocchiale di Pieve.
In seguito gli scalpellini affrontarono anche le pietre più dure di origine ignea.
Ecco diventare importante la cava di Maccagnan di c.s.b. Per il granito, estesasi quindi sulla sponda opposta del Vanoi, mentre per il porfido si sfruttarono per anni i greti dei torrenti Cismon, Noana e Canali ove erano andati a finire grossi massi erratici, i trovanti, abbandonati dai ghiacciai; in seguito e tutt'ora hanno importanza le cave di Rolle, specie quelle della Cavallazza e quelle di Forte Buso oltre Paneveggio.
I nostri muratori, e fra tutti quelli di Siror, ancora dal secolo scorso diventarono molto abili nella costruzione di stupendi muri a secco, così esattamente lavorati che tecnici di oggi han creduto mosaici composti su disegno.
Ne fanno fede gli argini del Cismon a Mezzano, costruiti dopo l'alluvione del 1882, nonché i muri di sostegno delle nostre strade di Rolle, Gobbera e del Passo Broccone in gran parte però spariti dopo l'allargamento delle stesse.
Le pietre avevano nomi particolari, familiari ai muratori: c'era la madona che era una pietra d'angolo, lavorata e comunque posta orizzontale; el laufer sistemato verticalmente; el punter sporgente esternamente lasciato greggio, e via dicendo.
Si ripeteva il proverbio: dur con dur fa bon mur, intendendo dire che la malta deve toccare ogni sasso.